"Hai fatto bene. Vorrei avere io il tuo coraggio.”
Ecco l’altra parola chiave: coraggio.
Le poche persone che da principio avevano intravisto la bontà delle mie azioni mi elogiavano per quello. Io sorridevo e annuivo ma, in tutta sincerità, non mi sentivo così coraggioso. Tutt’altro direi. Non mi ero licenziato né avevo deciso di viaggiare, per coraggio. Avevo persino delegato la decisione a Paolo, perché non ero stato capace di prenderla da solo. Ok, forse ero andato io a cercare il punto di rottura, ma non so se lo chiamerei coraggio.
Quando mi sono svegliato non riuscendo a ricordare come avessi passato i due anni precedenti, ho avuto
. Quando ho visto i capelli bianchi e i chili in più sulla pancia, ho avuto
. Quando ho capito di essere in una gabbia che rubava il mio tempo, ho avuto
. Quando ho immaginato di fare quella vita per altri cinque, dieci, vent’anni, ho avuto
. Con le mie rate della macchina, il mutuo da pagare, due figli da portare a scuola, televisore al plasma in salotto a guardare il Grande Fratello 40. Ho avuto
. Le tende alla finestra, le otturazioni sui denti, il giardino ben curato. Ho avuto
. Le ferie ad agosto da chiedere al capo. Le promozioni che non arrivano. Le visite dal medico. Gli antiacidi per la gastrite che non passa.
“Come va il polso?” “Eh, male. Sto troppo al computer, ma come faccio?” Ho avuto
. Una macchina che mi investe, mi spezza, gettandomi venti metri più in là, e lasciandomi dieci secondi per ripensare alla vita e ricordare di aver avuto un sogno una volta, mentre il sangue e la vita mi scivolano via. Ho avuto
. Oppure una malattia. Una lenta agonia, steso sul letto di un ospedale, incapace di muovermi, anche solo per gettarmi dalla finestra e metter fine al dolore.
“Datemi solo cinque minuti di libertà”, avrei urlato, “almeno sceglierei di andarmene!”. Ma non ho altri cinque minuti. Non li ho più.
Il tempo è finito ormai, mi guardo indietro, e vedo la mia vita, a come l’ho sprecata, a cosa potevo fare e non ho fatto. Potevo essere qualcuno. Potevo anche essere nessuno ma felice. E invece sono semplicemente nessuno. Tempo scaduto.
Ho avuto
.
No, non avevo solo
. Ero terrorizzato.
Certo, potevano dirmi tutte le volte che volevano che c’era bisogno di coraggio per mollare un lavoro sicuro durante una crisi economica. Ok, forse ce ne vuole un po’, d’accordo. Ma dico che ce ne vuole molto di più a rimanere dove si è, quando hai già visto come andrà a finire.
Non ho fatto il salto perché ho avuto il coraggio di affrontare l’ignoto, ma perché ho avuto
di restare in un mondo che conoscevo fin troppo bene.
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Tratto dal libro "Sulla strada giusta", di Francesco Grandis